TULLIO
Et così me lungamente pensante la ragione stessa mi mena in questa fermissima sentenza, che sapienzia sanza eloquenzia sia poco utile a le cittadi, et eloquenzia sanza sapienza è spessamente molto dampnosa e nulla fiata utile. Per la qual cosa, se alcuno intralascia li dirittissimi et onestissimi studii di ragione e d'officio e consuma tutta sua opera in usare sola parladura, cert'elli èe cittadino inutile a sé e periglioso alla sua cittade et al paese. Ma quelli il quale s'arma sìe d'eloquenzia che non possa guerriare contra il bene del paese, ma possa per esso pugnare, questo mi pare uomo e cittadino utilissimo ed amicissimo alle sue et alle publiche ragioni.
SPONITORE
Poi che Tulio avea dette le prime due parti del suo prologo, sì comincia la terza parte, nella quale dice tre cose. Imprima dice che pare a llui di sapienzia, infino là dove dice: «Per la qual cosa». Et quivi comincia la seconda, nella quale dice che pare a llui d'eloquenzia, infino là ove dice: «Ma quello il quale s'arma». Et quivi comincia la terza, ne la quale dice che pare a llui dell'una e dell'altra giunte insieme.
Onde dice Vittorino: Se noi volemo mettere avacciamente in opera alcuna cosa nelle cittadi, sì ne conviene avere sapienzia giunta con eloquenzia, però che sapienzia sempre è tarda. Et questo appare manifestamente in alcuno savio che non sia parlatore, dal quale se noi domandassimo uno consiglio certo no_llo darebbe tosto cosìe come se fosse bene parlante. Ma se fosse savio e parlante inmantenente ne farebbe credibile di quel che volesse. Et in ciò che dice Tulio di coloro che 'ntralasciano li studii di ragione e d'officio, intendo là dove dice «ragione» la sapienzia, e là dove dice «officio» intendo le vertudi, ciò sono prodezza, giustizia e l'altre vertudi le quali ànno officio di mettere in opera che noi siamo discreti e giusti e bene costumati. Et però chi ssi parte da sapienzia e da le vertudi e studia pure in dire le parole, di lui adviene cotale frutto che, però che non sente quel medesimo che dice, conviene che di lui avegna male e danno a ssé et al paese, però che non sa trattare le propie utilitadi né lle comuni in questo tempo e luogo et ordine che conviene. Adunque colui che ssi mette l'arme d'eloquenzia è utile a ssé et al suo paese. Per questa arme intendo la eloquenzia, e per sapienzia intendo la forza; ché sì come coll'arme ci difendiamo da' nemici e colla forza sostenemo l'arme, tutto altressì per eloquenzia difendemo noi la nostra causa dall'aversario e per sapienzia ne sostenemo di dire quello che a noi potesse tenere danno. Et in questa parte è detta la terzia parte del prologo di Tulio. Dunque vae il conto alla quarta parte del prologo, per provare ciò ch'è detto davanti et a conducere che noi dovemo studiare in rettorica per avere eloquenzia e sapienzia: e sopra ciò reca Tulio molti argomenti, li quali debbono e possono così essere, e tali che conviene che sia pur così, e di tali ch'è onesta cosa pur di così essere; e sopra ciò ecco il testo di Tulio in lettera grossa, e poi seguisce la disposta in lettera sottile secondo la forma del libro.