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Guittone d'Arezzo
Rime

CXCVII

La fortezza.

D'animo tu bona vertù, fortezza,
chi degno ben laudar po tuo valore?
Non piò soavità pregi d'asprezza,
né temi povertà piò che riccore.
Non mai vizio seguire ètte dolcezza,
ni vertù forte è ben portar dolore;
in morte, s'è mister, prendi vaghezza,
né cosa mai che vizio hai 'n timore.
Tu pilastro de Giobbo e di Tubia,
tu d'amadori scudo, und'è vittora
che non piò re che grilli in timor hai.
Pacienza, costanza e baronia
sempre per te in cor d'om se lavora,
e laido quanto senti, in lui desfai.