Apresso la mia ritornata mi misi a cercare di questa donna che lo mio segnore m'avea nominata nel camino delli sospiri. E acciò che lo mio parlare sia più brieve, dico che in poco tempo la feci mia difesa tanto, che troppa gente ne ragionava oltre li termini della cortesia: onde molte fiate mi pensava duramente. E per questa cagione, cioè di questa soverchievole boce che parea che mi infamasse vitiosamente, quella gentilissima, la quale fu distruggitrice di tutti li vitii e regina delle vertudi, passando per alcuna parte, mi negò lo suo dolcissimo salutare, nello quale stava tutta la mia beatitudine. E uscendo alquanto del proposito presente, voglio dare a intendere quello che lo suo salutare in me virtuosamente operava. Dico che quando ella apparia da parte alcuna, per la speranza della mirabile salute nullo nemico mi rimanea, anzi mi giugnea una fiamma di caritade, la quale mi facea perdonare a chiunque m'avesse offeso. E chi allora m'avesse dimandato di cosa alcuna, la mia risponsione sarebbe stata solamente «Amore», con viso vestito d'umiltà. E quando ella fosse alquanto propinqua al salutare, uno spirito d'amore, distruggendo tutti gli altri spiriti sensitivi, pingea fuori li deboletti spiriti del viso, e dicea loro: «Andate ad onorare la donna vostra», ed elli si rimanea nel luogo loro. E chi avesse voluto conoscere Amore, fare lo potea mirando lo tremare degli occhi miei. E quando questa gentilissima salute salutava, non che Amore fosse tal mezzo che potesse obumbrare a me la intollerabile beatitudine, ma elli quasi per soverchio di dolcezza divenia tale, che lo mio corpo, lo quale era tutto allora sotto lo suo reggimento, molte volte si movea come cosa grave inanimata. Sì che appare manifestamente che nelle sue salute abitava la mia beatitudine, la quale molte volte passava e redundava la mia capacitade. Ora tornando al proposito dico che poi che la mia beatitudine mi fu negata, mi giunse tanto dolore che, partito me dalle genti, in solinga parte andai a bagnare la terra d'amarissime lagrime. E poi che alquanto mi fue sollenato questo lagrimare, misimi nella mia camera, là ove io potea lamentarmi sanza essere udito; e quivi chiamando misericordia alla donna della cortesia, e dicendo: «Amore, aiuta lo tuo fedele!», m'adormentai come uno pargoletto battuto lagrimando. Avenne quasi nel mezzo del mio dormire che mi parve vedere nella mia camera lungo me sedere uno giovane vestito di bianchissime vestimenta, e pensando molto quanto alla vista sua, mi riguardava là ov'io giacea. E quando m'avea guardato alquanto, pareami che sospirando mi chiamasse, e diceami queste parole: «Fili mi, tempus est ut pretermictantur simulacra nostra». Allora mi parea che io il conoscessi, però che mi chiamava così come assai fiate nelli miei sonni m'avea già chiamato: e riguardandolo pareami che piangesse pietosamente, e parea che attendesse da me alcuna parola. Onde io assicurandomi cominciai a parlare così con esso: «Signore della nobiltade, e perché piangi tu?». E quelli mi dicea queste parole: «Ego tanquam centrum circuli, cui simili modo se habent circumferentie partes; tu autem non sic». Allora, pensando alle sue parole, mi parea che m'avesse parlato molto oscuramente, sì che io mi sforzava di parlare, e diceali queste parole: «Che è ciò, signore, che mi parli con tanta oscuritade?». E quelli mi dicea in parole volgari: «Non dimandare più che utile ti sia». E però cominciai allora con lui a ragionare della salute la quale mi fue negata, e domanda'lo della cagione. Onde in questa guisa mi fue da·llui risposto: «Quella nostra Beatrice udio da certe persone di te ragionando che la donna la quale io ti nominai nel camino delli sospiri ricevea da te alcuna noia; e però questa gentilissima, la quale è contraria di tutte le noie, non degnò di salutare la tua persona, temendo non fosse noiosa. Onde con ciò sia cosa che veracemente sia conosciuto per lei alquanto lo tuo secreto per lunga consuetudine, voglio che tu dichi certe parole per rima, nelle quali tu comprendi la forza che io tegno sopra te per lei. E come tu fosti suo tostamente dalla tua pueritia (e di ciò chiama testimonio colui che lo sa). E come tu prieghi lui che li le dica, e io, che sono quelli, volontieri le ne ragionerò. E per questo sentirà ella la tua volontade; la quale sentendo, conoscerà le parole degli ingannati. Queste parole fa che sieno quasi un mezzo, sì che tu non parli a·llei inmediatamente, che non è degno; e no·lle mandare in parte alcuna, sanza me, ove potessero essere intese da·llei, ma falle adornare di soave armonia, nella quale io sarò tutte le volte che sarà mestiere». E dette queste parole disparve, e lo mio sonno fue rotto. Onde io, ricordandomi, trovai che questa visione m'era apparita nella nona ora del die. E anzi che io uscissi di questa camera, propuosi di fare una ballata, nella quale io seguitassi ciò che lo mio signore m'avea imposto; e feci poi questa ballata che comincia Ballata, i' vo'.
Ballata, i' vo' che tu ritrovi Amore,e con lui vadi a madonna davante,
sì che la scusa mia, la qual tu cante,
ragioni poi con lei lo mio segnore.
Tu vai, ballata, sì cortesemente,
che senza compagnia
dovresti in tutte parti avere ardire;
ma se tu vuoli andar sicuramente,
retrova l'Amor pria,
ché forse non è buon senza lui gire;
però che quella che ti dêe audire,
sì com'io credo, è ver' di me adirata:
se tu di lui non fossi acompagnata,
leggieramente ti faria disnore.
Con dolce sono quando se' con lui,
comincia este parole,
apresso che averai chesta pietate:
«Madonna, quelli che mi manda a voi,
quando vi piaccia, vole,
sed elli à scusa, che la m'intendiate.
Amore è qui, che per vostra biltate
lo face, come vol, vista cangiare:
dunque perché li fece altra guardare
pensatel voi, da che non mutò 'l core».
Dille: «Madonna, lo suo core è stato
con sì fermata fede,
che 'n voi servir l'à 'mpronto omne pensero:
tosto fu vostro, e mai non s'è smagato».
Sed ella non ti crede,
dì che domandi Amor, che sa lo vero:
e alla fine falle umil preghero,
lo perdonare se le fosse a noia,
che mi comandi per messo ch'io moia,
e vedrassi ubidir ben servidore.
E dì a colui ch'è d'ogni pietà chiave
avanti che sdonnei,
che le saprà contar mia ragion bona:
«Per gratia della mia nota soave
reman tu qui con lei,
e del tuo servo ciò che vuoi ragiona;
e s'ella per tuo prego li perdona,
fa che li anunzî un bel sembiante pace».
Gentil ballata mia, quando ti piace,
movi in quel puncto che tu n'aggi onore.
Questa ballata in tre parti si divide. Nella prima dico a·llei ov'ella vada e confortola però che vada più sicura, e dico nella cui compagnia si metta, se vuole sicuramente andare e sanza pericolo alcuno; nella seconda dico quello che a·llei s'apertiene di fare intendere; nella terza la licentio del gire quando vuole, raccomandando lo suo movimento nelle braccia della Fortuna. La seconda parte comincia quivi Con dolce sono; la terza quivi Gentil ballata. Potrebbe già l'uomo opporre contra me e dicere che non sapesse a cui fosse lo mio parlare in seconda persona, però che la ballata non è altro che queste parole che io parlo. E però dico che questo dubbio io lo 'ntendo solvere e dichiarare in questo libello ancora in parte più dubbiosa; e allora intenda qui chi qui dubita o chi qui volesse opporre in questo modo.