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Alighieri, Dante
Rime

47. Tre donne intorno al cor mi son venute

Tre donne intorno al cor mi son venute
e seggonsi di fore,
ché dentro siede Amore
il quale è n signoria della mia vita.
Tanto son belle e di tanta vertute,
che l possente signore,
dico quel chè nel core,
appena del parlar di lor saita.
Ciascuna par dolente e sbigottita
come persona discacciata e stanca
cui tutta gente manca
e cui vertute né biltà non vale.
Tempo fu già nel quale,
secondo il lor parlar, furon dilette,
or sono in ira a tutti e in non cale.
Queste così solette
venute son come a casa damico,
ché sanno ben che dentro è quel chio dico.

Dolesi luna con parole molto,
e n su la man si posa
come succisa rosa,
e l nudo braccio, di dolor colonna,
sente loraggio che cade dal volto;
laltra man tiene ascosa
la treccia lagrimosa;
discinta e scalza, sol di sé par donna.
Come Amor prima per la rotta gonna
la vide in parte che l tacere è bello,
e pietoso e fello
di lei e del dolor fece dimanda.
O di pochi vivanda
rispose voce con sospiri mista,
nostra natura qui a te ci manda:
io, che son la più trista,
son suora a la tua madre, e son Drittura;
povera, vedi, a fama e a cintura.

Poi che fatta si fu palese e conta,
doglia e vergogna prese
lo mio signore, e chiese
chi fosser laltre due cheran con lei.
E questa chera sì di pianger pronta,
tosto che lui intese,
più nel dolor saccese
dicendo: A te non duol degli occhi miei?
Poi cominciò: Sì come saper dei,
di fonte nasce Nilo picciol fiume
quivi dove l gran lume
toglie alla terra del vinco la fronda:
sopra la vergin onda
generai costei che mè dallato
e che sasciuga con la treccia bionda;
questo mio bel portato,
mirando sé nella chiara fontana,
generò questa che mè più lontana.

Fenno i sospiri Amore un poco tardo;
poscia con gli occhi molli,
che prima furon folli,
salutò le germane sconsolate.
E poi che prese luno e laltro dardo,
disse: Drizzate i colli,
ecco larmi chio volli:
per non usar, vedete, son turbate.
Larghezza e Temperanza e laltre nate
del nostro sangue mendicando vanno;
però, se questo è danno,
piangano gli occhi e dogliasi la bocca
degli uomini a cui tocca,
che sono a raggi di cotal ciel giunti;
non noi che semo delletterna rocca:
che se noi semo or punti,
noi pur saremo, e pur tornerà gente
che questo dardo farà star lucente.

Ed io chascolto nel parlar divino
consolarsi e dolersi
così alti dispersi,
lessilio che mè dato onor mi tegno:
che se giudicio o forza di destino
vuol pur che l mondo versi
li bianchi fiori in persi,
cader co buoni è pur di lode degno.
E se non che degli occhi miei bel segno
per lontananza mè tolto dal viso,
che mhave in foco miso,
lieve mi conteria ciò che mè grave;
ma questo foco mhave
sì consumato già lossa e la polpa,
che Morte al petto mha posto la chiave.
Onde, sio ebbi colpa,
più lune ha volte il sol poi che fu spenta,
se colpa muore perché luom si penta.

Canzone, a panni tuoi non ponga uom mano
per veder quel che bella donna chiude:
bastin le parti nude;
el dolce pome a tutta gente niega,
per cui ciascun man piega.
Ma segli avien che tu mai alcun trovi
amico di vertù, ed e ti priega;
fatti di color' novi
poi gli ti mostra; e l fior chè bel di fuori,
fa disïar negli amorosi cori.

Canzone, uccella con le bianche penne,
canzone, caccia con li neri veltri,
che fuggir mi convenne,
ma far mi poterian di pace dono.
Però nol fan, ché non san quel chio sono:
camera di perdon savio uom non serra,
ché perdonare è bel vincer di guerra.