Tasti di scelta rapida del sito: Menu principale | Corpo della pagina | Vai alla colonna di sinistra

Colonna con sottomenu di navigazione


immagine Dante

Contenuto della pagina


-
Menu di navigazione

Alighieri, Dante
Convivio

XXV

Non solamente questa anima e natura buona in adolescenza è ubidente, ma eziandio soave: la qual cosa è l'altra ch'è necessaria in questa etade a bene intrare nella porta della gioventute. Necessaria è, poi che noi non potemo perfetta vita avere sanza amici, sì come nell'ottavo dell'Etica vuole Aristotile; e la maggiore parte dell'amistadi si paiono seminare in questa etade prima, però che in essa comincia l'uomo ad essere grazioso o vero lo contrario: la qual grazia s'acquista per soavi reggimenti, che sono dolce e cortesemente parlare, dolce e cortesemente servire e operare. E però dice Salomone allo adolescente figlio: «Li schernidori Dio li schernisce, e alli mansueti Dio darà grazia». E altrove dice: «Rimuovi da te la mala bocca, e li altri atti villani siano di lungi da te». Per che appare che necessaria sia questa soavitade, come detto è. Anche è necessaria a questa etade la passione della vergogna; e però la buona e nobile natura in questa etade la mostra, sì come lo testo dice. E però che la vergogna è apertissimo segno in adolescenza di nobilitade, perché quivi è massimamente necessaria al buono fondamento della nostra vita, allo quale la nobile natura intende; di quella è alquanto con diligenza da parlare. Dico che per vergogna io intendo tre passioni necessarie al fondamento della nostra vita buona: l'una si è Stupore; l'altra si è Pudore; la terza si è Verecundia; avegna che la volgare gente questa distinzione non discerna. E tutte e tre queste sono necessarie a questa etade per questa ragione: a questa etade è necessario d'essere reverente e disideroso di sapere; a questa etade è necessario d'essere rifrenato, sì che non transvada; a questa etade è necessario d'essere penitente del fallo, sì che non s'ausi a fallare. E tutte queste cose fanno le passioni sopra dette, che vergogna volgarmente sono chiamate. Ché lo stupore è uno stordimento d'animo per grandi e maravigliose cose vedere o udire o per alcuno modo sentire: che in quanto paiono grandi, fanno reverente a sé quelli che le sente; in quanto paiono mirabili, fanno voglioso di sapere di quelle. E però li antichi regi nelle loro magioni faceano magnifici lavorii d'oro e di pietre e d'artificio, acciò che quelli che le vedessero divenissero stupidi, e però reverenti e domandatori delle condizioni onorevoli dello rege. E però dice Stazio, lo dolce poeta, nel primo della Tebana Istoria, che quando Adrasto, rege delli Argi, vide Polinice coverto d'un cuoio di leone, e vide Tideo coverto d'un cuoio di porco salvatico, e ricordossi del risponso che Apollo dato avea per le sue figlie, che esso divenne stupido, e però più reverente e più disideroso di sapere. Lo pudore è uno ritraimento d'animo da laide cose, con paura di cadere in quelle; sì come vedemo nelle vergini e nelle donne buone e nelli adolescenti, che tanto sono pudici, che non solamente là dove richesti o tentati sono di fallare, ma ove pure alcuna imaginazione di venereo corrompimento avere si puote, tutti si dipingono nella faccia di palido o di rosso colore. Onde dice lo sopra notato poeta nello allegato libro primo di Tebe, che quando Aceste, nutrice d'Argia e di Deifile, figlie d'Adrasto rege, le menò dinanzi dalli occhi del santo padre nella presenza delli due peregrini, cioè Polinice e Tideo, le vergini palide e rubicunde si fecero, e li loro occhi fuggiro da ogni altrui sguardo, e solo nella paterna faccia, quasi come sicuri, si tennero. Oh quanti falli rifrena esto pudore! quante disoneste cose e dimande fa tacere! quante disoneste cupiditati raffrena! quante male tentazioni non pur nella pudica persona diffida, ma eziandio in quello che la guarda! quante laide parole ritiene! Ché, sì come dice Tulio nel primo delli Officii, nullo atto è laido, che non sia laido quello nominare; e però lo pudico e nobile uomo mai non parla sì che ad una donna non fossero oneste le sue parole. Ahi quanto sta male a ciascuno uomo che onore vada cercando, menzionare cose che nella bocca d'ogni donna stean male! La verecundia è una paura di disonoranza per fallo commesso; e di questa paura nasce un pentimento del fallo, lo quale ha in sé una amaritudine che è gastigamento a più non fallire. Onde dice questo medesimo poeta, in quella medesima parte, che quando Polinice fu domandato da Adrasto rege del suo essere, che elli dubitò, prima, di dicere, per vergogna del fallo che contra lo padre fatto avea, e ancora per li falli d'Edippo suo padre, ché li falli del padre paiono rimanere in vergogna del figlio; e non nominò suo padre, ma li antichi suoi e la terra e la madre. Per che bene appare, vergogna essere necessaria in quella etade. E non pure obedienza, soavitade e vergogna la nobile natura in questa etade dimostra, ma dimostra bellezza e snellezza nel corpo, sì come dice lo testo quando dice: «e sua persona aconcia». E questo aconcia è verbo e non nome: verbo, dico, indicativo del tempo presente in terza persona. Ove è da sapere che anco è necessaria questa opera alla nostra buona vita; ché la nostra anima conviene grande parte delle sue operazioni operare con organo corporale, e allora opera bene che 'l corpo è bene per le sue parti ordinato e disposto. E quando elli è bene ordinato e disposto, allora è bello per tutto e per le parti; ché l'ordine debito delle nostre membra rende uno piacere non so di che armonia mirabile, e la buona disposizione, cioè la sanitate, getta sopra quelle uno colore dolce a riguardare. E così dicere che la nobile natura lo suo corpo abelisca e faccia conto e accorto, non è altro a dire se non che l'aconcia a perfezione d'ordine, e, così questa come l'altre cose che ragionate sono, appare essere necessarie all'adolescenza: le quali la nobile anima, cioè la nobile natura, dà, e ad esse primamente intende, sì come cosa che, come detto è, dalla divina providenza è seminata.