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Alighieri, Dante
Convivio

XIII

Veduto come, nel principio delle laude di costei, sottilmente si dice essa essere della divina sustanza, in quanto primieramente si considera, da procedere e da vedere è come secondariamente dico essa essere nelle causate intelligenze. Dico adunque: Ogni Intelletto di là su la mira: dove è da sapere che di là su dico, faccendo relazione a Dio che dinanzi è menzionato; e per questo escludo le Intelligenze che sono in essilio della superna patria, le quali filosofare non possono, però che amore in loro è del tutto spento, e a filosofare, come già detto è, è necessario amore. Per che si vede che le infernali Intelligenze dallo aspetto di questa bellissima sono private. E però che essa è beatitudine dello 'ntelletto, la sua privazione è amarissima e piena d'ogni tristizia. Poi quando dico: E quella gente che qui s'innamora, discendo a mostrare come nell'umana intelligenza essa secondariamente ancora vegna; della quale filosofia umana séguito poi per lo trattato, essa commendando. Dico adunque che la gente che s'innamora qui, cioè in questa vita, la sente nel suo pensiero, non sempre, ma quando Amore fa della sua pace sentire. Dove sono da vedere tre cose che in questo testo sono toccate. La prima si è quando si dice: la «gente che qui s'innamora», per che pare farsi distinzione nella umana generazione. E di necessitate fare si conviene, ché, secondo che manifestamente appare, e nel seguente trattato per intenzione si ragionerà, grandissima parte delli uomini vivono più secondo lo senso che secondo ragione; e quelli che secondo lo senso vivono di questa innamorare è impossibile, però che di lei avere non possono alcuna apprensione. La seconda si è quando dice: «Quando Amor fa sentir», dove si par fare distinzione di tempo. La quale cosa anco fare si conviene, ché, avegna che le Intelligenze separate questa donna mirino continuamente, l'umana intelligenza ciò fare non può; però che l'umana natura – fuori della speculazione, della quale s'appaga lo 'ntelletto e la ragione – abisogna di molte cose a suo sustentamento; per che la nostra sapienza è tal volta abituale solamente, e non attuale: che non incontra ciò nell'altre intelligenze, che solo di natura intellettiva sono perfette. Onde, quando l'anima nostra non hae atto di speculazione, non si può dire veramente che sia in filosofia se non in quanto ha l'abito di quella e la potenza di potere lei svegliare; e però tal volta è con quella la gente che qui s'innamora, e tal volta no. La terza è quando dice l'ora che quella gente è con essa, cioè quando Amore della sua pace fa sentire; che non vuole altro dire se non: quando l'uomo è in ispeculazione attuale, però che della pace di questa donna non fa lo studio sentire se non nell'atto della speculazione. E così si vede come questa è donna primieramente di Dio e secondariamente dell'altre intelligenze separate per continuo sguardare; e appresso dell'umana intelligenza per riguardare discontinuato. Veramente, sempre è l'uomo che ha costei per donna da chiamare filosofo, non ostante che tuttavia non sia nell'ultimo atto di filosofia, però che dall'abito maggiormente è altri da denominare. Onde dicemo d'alcuno virtuoso, non solamente virtute operando, ma l'abito della virtù avendo; e dicemo l'uomo facundo eziandio non parlando, per l'abito della facundia, cioè del bene parlare. E di questa filosofia, in quanto dall'umana intelligenza è participata, saranno omai le seguenti commendazioni, a mostrare come grande parte del suo bene all'umana natura è conceduto. Dico adunque appresso: Suo essere piace tanto a chi liele dàe (dal quale, sì come da fonte primo, si diriva), che sempre infonde in lei la sua vertute oltre la capacitade della nostra natura, la quale fa bella e virtuosa. Onde, avegna che all'abito di quella per alquanti si vegna, non vi si viene sì per alcuno, che propiamente abito dire si possa: però che 'l primo studio, cioè quello per lo quale l'abito si genera, non puote quello perfettamente acquistare. E qui si vede l'umile sua loda: ché, perfetta e imperfetta, nome di perfezione non perde. E per questa sua dismisuranza si dice che l'anima della filosofia lo manifesta in quel ch'ella conduce, cioè che Dio metta sempre in lei del suo lume. Dove si vuole a memoria reducere che di sopra è detto che amore è forma di Filosofia, e però qui si chiama anima di lei. Lo quale amore manifesto è nel viso della Sapienza, nello quale essa conduce mirabili bellezze, cioè contentamento in ciascuna condizione di tempo e dispregiamento di quelle cose che li altri fanno loro signori. Per che aviene che li altri miseri che ciò mirano, ripensando lo loro difetto, dopo lo desiderio della perfezione caggiono in fatica di sospiri; e questo è quello che dice: che li occhi di color dov'ella luce ne mandan messi al cor pien di disiri, che prendon aire e diventan sospiri.