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Alighieri, Dante
Convivio

III

Degna di molta riprensione è quella cosa che, ordinata a tòrre alcuno difetto, per se medesima quello induce: sì come quelli che fosse mandato a partire una rissa, e prima che partisse quella ne iniziasse un'altra. E però che lo mio pane è purgato da una parte, convienlomi purgare dall'altra, per fuggire questa riprensione; ché lo mio scritto, che quasi comento dir si può, è ordinato a levare lo difetto delle canzoni sopra dette, ed esso per sé fia forse in parte alcuna un poco duro. La qual durezza, per fuggire maggiore difetto, non per ignoranza, è qui pensata. Ahi, piaciuto fosse al dispensatore dell'universo che la cagione della mia scusa mai non fosse stata! ché né altri contra me avria fallato, né io sofferto avria pena ingiustamente, pena, dico, d'essilio e di povertate. Poi che fu piacere delli cittadini della bellissima e famosissima figlia di Roma, Fiorenza, di gittarmi fuori del suo dolce seno – nel quale nato e nutrito fui in fino al colmo della vita mia, e nel quale, con buona pace di quella, desidero con tutto lo core di riposare l'animo stancato e terminare lo tempo che m'è dato –, per le parti quasi tutte alle quali questa lingua si stende, peregrino, quasi mendicando, sono andato, mostrando contra mia voglia la piaga della fortuna, che suole ingiustamente al piagato molte volte essere imputata. Veramente io sono stato legno sanza vela e sanza governo, portato a diversi porti e foci e liti dal vento secco che vapora la dolorosa povertade; e sono apparito alli occhi a molti che forse che per alcuna fama in altra forma m'aveano imaginato: nel conspetto de' quali non solamente mia persona invilio, ma di minor pregio si fece ogni opera, sì già fatta come quella che fosse a fare. La ragione per che ciò incontra – non pur in me, ma in tutti – brievemente or qui piace toccare: e prima, perché la fama oltre la veritade si sciampia; e poi, perché la presenza oltre la veritade stringe. La fama buona, principalmente è generata dalla buona operazione nella mente dell'amico e da quella è prima partorita; ché la mente del nimico, avegna che riceva lo seme, non concepe. Quella mente che prima la partorisce, sì per far più ornato lo suo presente, sì per la caritade dell'amico che lo riceve, non si tiene alli termini del vero ma passa quelli. E quando per ornare ciò che dice li passa, contra conscienza parla; quando inganno di caritade li fa passare, non parla contra essa. La seconda mente che ciò riceve, non solamente alla dilatazione della prima sta contenta, ma 'l suo riportamento, sì come quasi suo effetto, procura d'adornare; e sì, che per questo fare e per lo 'nganno che riceve della caritate in lei generata, quella più ampia fa che a lei non vène, e con concordia e con discordia di conscienza come la prima. E questo fa la terza ricevitrice e la quarta, e così in infinito si dilata. E così, volgendo le cagioni sopra dette nelle contrarie, si può vedere la ragione della infamia, che simigliantemente si fa grande. Per che Virgilio dice nel quarto dello Eneida che la Fama vive per essere mobile e acquista grandezza per andare. Apertamente adunque veder può chi vuole che la imagine per sola fama generata sempre è più ampia, quale che essa sia, che non è la cosa imaginata nel vero stato.