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Alighieri, Dante
Convivio

V

Poi che purgato è questo pane dalle macule accidentali, rimane ad escusare lui da una sustanziale, cioè dall'essere vulgare e non latino: che per similitudine dire si può di biado e non di frumento. E da ciò brievemente lo scusano tre ragioni, che mossero me ad eleggere inanzi questo che l'altro: l'una si muove da cautela di disconvenevole ordinazione; l'altra da prontezza di liberalitade; la terza dallo naturale amore a propia loquela. E queste cose per sue ragioni, a sodisfacimento di ciò che riprendere si potesse per la notata ragione, intendo per ordine ragionare in questa forma. Quella cosa che più adorna e commenda l'umana operazione, e che più dirittamente a buon fine la mena, sì è l'abito di quelle disposizioni che sono ordinate allo inteso fine: sì com'è ordinata al fine della cavalleria franchezza d'animo e fortezza di corpo. E così colui che è ordinato all'altrui servigio dee avere quelle disposizioni che sono a quello fine ordinate, sì come subiezione, conoscenza e obedienza, sanza le quali è ciascuno disordinato a ben servire; perché, s'elli non è subietto in ciascuna condizione, sempre con fatica e con gravezza procede nel suo servigio e rade volte quello continua; e se elli non è conoscente; e se elli non è obediente, non serve mai se non a suo senno e a suo volere, che è più servigio d'amico che di servo. Dunque, a fuggire questa disordinazione, conviene questo comento, che è fatto in vece di servo alle 'nfrascritte canzoni, essere subietto a quelle in ciascuna sua condizione, ed essere conoscente del bisogno del suo signore e a lui obediente. Le quali disposizioni tutte li mancavano, se latino e non volgare fosse stato, poi che le canzoni sono volgari. Ché, primamente, non era subietto ma sovrano, e per nobilità e per vertù e per bellezza. Per nobilità, perché lo latino è perpetuo e non corruttibile, e lo volgare è non stabile e corruttibile. Onde vedemo nelle scritture antiche delle comedie e tragedie latine, che non si possono transmutare, quello medesimo che oggi avemo; che non aviene del volgare, lo quale a piacimento artificiato si transmuta. Onde vedemo nelle cittadi d'Italia, se bene volemo aguardare, da cinquanta anni in qua molti vocaboli essere spenti e nati e variati; onde se 'l picciol tempo così transmuta, molto più transmuta lo maggiore. Sì ch'io dico che se coloro che partiro d'esta vita già sono mille anni tornassero alle loro cittadi, crederebbero la loro cittade essere occupata da gente strana, per la lingua dalla loro discordante. Di questo si parlerà altrove più compiutamente in uno libello ch'io intendo di fare, Dio concedente, di Volgare Eloquenza. Ancora: non era subietto ma sovrano per vertù. Ciascuna cosa è virtuosa in sua natura, che fa quello a che ella è ordinata; e quanto meglio lo fa tanto è più virtuosa. Onde dicemo uomo virtuoso, che vive in vita contemplativa o attiva, alla quale è ordinato naturalmente; dicemo del cavallo virtuoso, che corre forte e molto, alla qual cosa è ordinato; dicemo una spada virtuosa, che ben taglia le dure cose, a che essa è ordinata. Così lo sermone, lo quale è ordinato a manifestare lo concetto umano, è virtuoso quando quello fa, e più virtuoso quello che più lo fa; onde, con ciò sia cosa che lo latino molte cose manifesta concepute nella mente, che lo volgare fare non può, sì come sanno quelli che hanno l'uno e l'altro sermone, più è la vertù sua che quella del volgare. Ancora: non era subietto ma sovrano per bellezza. Quella cosa dice l'uomo essere bella, cui le parti debitamente si rispondono, per che della loro armonia resulta piacimento. Onde pare l'uomo essere bello, quando le sue membra debitamente si rispondono; e dicemo bello lo canto, quando le voci di quello, secondo 'l debito dell'arte, sono intra sé rispondenti. Dunque quello sermone è più bello, nello quale più debitamente si rispondono li vocabuli; e più debitamente li vocabuli si rispondono in latino che in volgare, però che lo volgare séguita uso, e lo latino arte. Onde concedesi esser più bello, più virtuoso e più nobile. Per che si conchiude lo principale intendimento, cioè che non sarebbe stato subietto alle canzoni, ma sovrano.