Tasti di scelta rapida del sito: Menu principale | Corpo della pagina | Vai alla colonna di sinistra

Colonna con sottomenu di navigazione


immagine Dante

Contenuto della pagina


-
Menu di navigazione

Alighieri, Dante
Convivio

V

Detto è che per difetto d'amaestramento li antichi la veritade non videro delle creature spirituali, avegna che quello popolo d'Israel fosse in parte dalli suoi profeti amaestrato, « nelli quali, per molte maniere di parlare e per molti modi, Dio avea loro parlato», sì come l'Apostolo dice. Ma noi semo di ciò amaestrati da colui che venne da quello, da colui che le fece, da colui che le conserva, cioè dallo Imperadore dell'universo, che è Cristo, figliuolo del sovrano Dio e figliuolo di Maria Vergine (femmina veramente e figlia di Giovacchino e d'Adamo); uomo vero, lo quale fu morto da noi, per che ci recò vita. Lo qual fu luce che allumina noi nelle tenebre, sì come dice Giovanni Evangelista, e disse a noi la veritade di quelle cose che noi sapere sanza lui non potavamo, né vedere veramente. La prima cosa e lo primo secreto che ne mostrò, fue una delle creature predette: ciò fue quello suo grande legato che venne a Maria, giovinetta donzella di tredici anni, da parte del Sanatore celestiale. Questo nostro Salvatore colla sua bocca disse che 'l Padre li potea dare molte legioni d'angeli; questi non negò, quando detto li fu che 'l Padre avea comandato alli angeli che li ministrassero e servissero. Per che manifesto è a noi quelle creature essere in larghissimo numero: per che la sua sposa e secretaria Santa Ecclesia – della quale dice Salomone: « Chi è questa che ascende del diserto, piena di quelle cose che dilettano, apoggiata sopra l'amico suo?» – dice, crede e predica quelle nobilissime creature quasi innumerabili. E partele per tre gerarzie, che è a dire tre principati santi o vero divini, e ciascuna gerarzia ha tre ordini: sì che nove ordini di creature spirituali la Chiesa tiene e afferma. Lo primo è quello delli Angeli, lo secondo delli Arcangeli, lo terzo delli Troni; e questi tre ordini fanno la prima gerarzia: non prima quanto a nobilitade, non a creazione (ché più sono l'altre nobili e tutte furono insieme create), ma prima quanto al nostro salire a loro altezza. Poi sono le Dominazioni, appresso le Vertuti, poi li Principati: e questi fanno la seconda gerarzia. Sopra questi sono le Potestati e li Cherubini, e sopra tutti sono li Serafini: e questi fanno la terza gerarzia. Ed è potissima ragione della loro speculazione e lo numero in che sono le gerarzie e quello in che sono li ordini. Ché con ciò sia cosa che la Maiesta divina sia in tre persone, che hanno una sustanza, di loro si puote triplicemente contemplare. Ché si può contemplare della potenza somma del Padre: la quale mira la prima gerarzia, cioè quella che è prima per nobilitade e che ultima noi annoveriamo. E puotesi contemplare la somma sapienza del Figlio: e questa mira la seconda gerarzia. E puotesi contemplare la somma e ferventissima caritade dello Spirito Santo: e questa mira l'ultima gerarzia, la quale, più propinqua, a noi porge delli doni che essa riceve. E con ciò sia cosa che ciascuna persona nella divina Trinitade triplicemente si possa considerare, sono in ciascuna gerarzia tre ordini che diversamente contemplano. Puotesi considerare lo Padre non avendo rispetto se non ad esso: e questa contemplazione fanno li Serafini, che veggiono più della Prima Cagione che nulla angelica natura. Puotesi considerare lo Padre secondo che ha relazione al Figlio, cioè come da lui si parte e come con lui sé unisce: e questo contemplano li Cherubini. Puotesi ancora considerare lo Padre secondo che da lui procede lo Spirito Santo, e come da lui si parte e come con lui sé unisce: e questa contemplazione fanno le Potestati. E per questo modo si puote speculare del Figlio e dello Spirito Santo: per che convengono essere nove maniere di spiriti contemplativi a mirare nella luce che sola se medesima vede compiutamente. E non è qui da tacere una parola. Dico che di tutti questi ordini si perderono alquanti tosto che furono creati, forse in numero della decima parte: alla quale restaurare fue l'umana natura poi creata. Li numeri, li ordini, le gerarzie narrano li cieli mobili, che sono nove, e lo decimo annunzia essa unitade e stabilitade di Dio. E però dice lo Salmista: «Li cieli narrano la gloria di Dio, e l'opere delle sue mani annunzia lo firmamento». Per che ragionevole è credere che li movitori del cielo della Luna siano dell'ordine delli Angeli, e quelli di Mercurio siano li Arcangeli, e quelli di Venere siano li Troni: li quali, naturati dell'amore del Santo Spirito, fanno la loro operazione, connaturale ad essi, cioè lo movimento di quello cielo, pieno d'amore; dal quale prende la forma del detto cielo uno ardore virtuoso, per lo quale le anime di qua giuso s'accendono ad amore, secondo la loro disposizione. E perché li antichi s'accorsero che quello cielo era qua giù cagione d'amore, dissero Amore essere figlio di Venere, sì come testimonia Virgilio nel primo dello Eneida, ove dice Venere ad Amore: «Figlio, vertù mia, figlio del sommo padre, che li dardi di Tifeo» (cioè quello gigante) «non curi»; e Ovidio, nel quinto di Metamorphoseos, quando dice che Venere disse ad Amore: «Figlio, armi mie, potenzia mia». E sono questi Troni, che al governo di questo cielo sono dispensati, in numero non grande, dello quale per li filosofi e per li astrologi diversamente è sentito, secondo che diversamente sentiro delle sue circulazioni; avegna che tutti siano acordati in questo, che tanti sono quanti movimenti esso fae. Li quali, secondo che nel libro dell'Aggregazioni delle Stelle epilogato si truova dalla migliore dimostrazione delli astrologi, sono tre: uno, secondo che la stella si muove per lo suo epiciclo; l'altro, secondo che lo epiciclo si muove con tutto lo cielo igualmente con quello del Sole; lo terzo, secondo che tutto quello cielo si muove seguendo lo movimento della stellata spera, da occidente a oriente, in cento anni uno grado. Sì che a questi tre movimenti sono tre movitori. Ancora si muove tutto questo cielo e rivolgesi collo epiciclo da oriente in occidente, ogni die naturale una fiata: lo qual movimento, se esso è da intelletto alcuno, o se esso è dalla rapina del Primo Mobile, Dio lo sa; ché a me pare presuntuoso a giudicare. Questi movitori muovono, solo intendendo, la circulazione in quello subietto propio che ciascuno muove. La forma nobilissima del cielo, che ha in sé principio di questa natura passiva, gira, toccata da vertù motrice che questo intende: e dico toccata, non corporalmente, per tatto di vertù la quale si dirizza in quello. E questi movitori sono quelli alli quali s'intende di parlare, ed a cu' io fo mia dimanda.