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Alighieri, Dante
Vita Nova

14

Apresso ciò per pochi dì avenne che in alcuna parte della mia persona mi giunse una dolorosa infermitade, onde io continuamente soffersi per nove dì amarissima pena; la quale mi condusse a tanta debolezza, che mi convenia stare come coloro li quali non si possono muovere. Io dico che nel nono giorno, sentendome dolere quasi intollerabilemente, a me giunse uno pensero, lo quale era della mia donna. E quando èi pensato alquanto di lei, e io ritornai pensando alla mia deboletta vita; e veggendo come leggiero era lo suo durare ancora che sana fosse, cominciai a piangere fra me stesso di tanta miseria. Onde sospirando forte dicea fra me medesimo: «Di necessitade conviene che la gentilissima Beatrice alcuna volta si muoia». E però mi giunse uno sì forte smarrimento, che chiusi gli occhi e cominciai a travagliare come farnetica persona e a ymaginare in questo modo: che nel cominciamento dello errare che fece la mia fantasia apparvero a me certi visi di donne scapigliate che mi diceano: «Tu pur morrai». E poi, dopo queste donne, m'apparvero certi visi diversi e orribili a vedere, li quali mi diceano: «Tu se' morto». Così cominciando ad errare la mia fantasia, venni a quello che io non sapea ove io mi fossi; e vedere mi parea donne andare scapigliate piangendo per via, maravigliosamente triste; e pareami vedere lo sole oscurare, sì che le stelle si mostravano di colore ch'elli mi facea giudicare che piangessero; e pareami che gli uccelli volando per l'aria cadessero morti, e che fossero grandissimi terremuoti. E maravigliandomi in cotale fantasia, e paventando assai, ymaginai alcuno amico che mi venisse a dire: «Or non sai? la tua mirabile donna è partita di questo secolo». Allora cominciai a piangere molto pietosamente; e non solamente piangea nella ymaginatione, ma piangea con gli occhi, bagnandoli di vere lagrime. Io ymaginava di guardare verso lo cielo, e pareami vedere moltitudine d'angeli, li quali tornassero in suso, e aveano dinanzi loro una nebuletta bianchissima. A me parea che questi angeli cantassero gloriosamente, e le parole del loro canto mi parea udire che fossero queste: «Osanna in excelsis!», e altro non mi parea udire. Allora mi parea che lo cuore ove era tanto amore mi dicesse: «Vero è che morta giace la nostra donna». E per questo mi parea andare per vedere lo corpo nello quale era stata quella nobilissima e beata anima; e fue sì forte la erronea fantasia, che mi mostrò questa donna morta. E pareami che donne la covrissero, cioè la sua testa, con uno bianco velo; e pareami che la sua faccia avesse tanto aspecto d'umilitade, che parea che dicesse: «Io sono a vedere lo Principio della pace». In questa ymaginatione mi giunse tanta umilitade per vedere lei, che io chiamava la Morte e dicea: «Dolcissima Morte, vieni a me! E non m'essere villana, però che tu dêi essere gentile, in tale parte se' stata. Or vieni a me, che molto ti disidero! E tu lo vedi che io porto già lo tuo colore». E quando io avea veduto compiere tutti li dolorosi mistieri che alle corpora de' morti s'usano di fare, mi parea tornare nella mia camera, e quivi mi parea guardare verso lo cielo; e sì forte era la mia ymaginatione, che piangendo cominciai a dire con verace boce: «Oi anima bellissima, com'è beato colui che ti vede!». E dicendo io queste parole con doloroso singulto di pianto e chiamando la Morte che venisse a me, una donna giovane e gentile, la quale era lungo lo mio lecto, credendo che lo mio piangere e le mie parole fossero solamente per lo dolore della mia infermitade, con grande paura cominciò a piangere. Onde altre donne, che per la camera erano, s'accorsero di me che io piangea, per lo pianto che vedeano fare a questa; onde faccendo lei partire da me, la quale era meco di propinquissima sanguinità congiunta, elle si trassero verso me per isvegliarmi, credendo che io sognasse, e diceanmi: «Non dormire più!», e «Non ti sconfortare!». E parlandomi così, cessòe la forte fantasia entro in quello puncto che io volea dicere: «O Beatrice, benedecta sie tu!»; e già detto avea «O Beatrice», quando riscotendomi apersi gli occhi, e vidi che io era ingannato. E con tutto che io chiamassi questo nome, la mia voce era sì rotta dal singulto del piangere, che queste donne non mi pottero intendere, secondo che io credo. E avegna che io mi vergognassi molto, tuttavia per alcuno amonimento d'Amore mi rivolsi a·lloro. E quando mi videro, cominciaro a dire: «Questi pare morto», e a dire tra·lloro: «Proccuriamo di confortarlo»; onde molte parole mi diceano da confortarmi, e talora mi domandavano di che io avessi avuta paura. Onde io essendo alquanto riconfortato, e conosciuto lo fallace ymaginare, rispuosi a·lloro: «Io vi diròe quello ch'i' òe avuto». Allora cominciai dal principio infino alla fine e dissi loro quello che veduto avea, tacendo il nome di questa gentilissima. Onde poi sanato di questa infermitade, propuosi di dire parole di questo che m'era adivenuto, però che mi parea che fosse amorosa cosa da udire. E però ne dissi questa canzone Donna pietosa e di novella etate, ordinata sì come manifesta la infrascripta divisione.

Donna pietosa e di novella etate,
adorna assai di gentilezze umane,
ch'era là ov'io chiamava spesso Morte,
veggendo gli occhi miei pien' di pietate
e ascoltando le parole vane,
si mosse con paura a pianger forte.
E altre donne, che si fuoro accorte
di me per quella che meco piangea,
fecer lei partir via,
e appressârsi per farmi sentire.
Qual dicea: «Non dormire»,
e qual dicea: «Perché sì ti sconforte?».
Allor lasciai la nova fantasia
chiamando il nome della donna mia.
Era la voce mia sì dolorosa
e rotta sì dall'angoscia del pianto,
ch'io solo intesi il nome nel mio core;
e con tutta la vista vergognosa
ch'era nel viso mio giunta cotanto,
mi fece verso lor volgere Amore.
Elli era tale a veder mio colore,
che facea ragionar di morte altrui.
«Deh consoliam costui»
pregava l'una l'altra umilemente;
e dicevan sovente:
«Che vedestù, che tu non ài valore?».
E quando un poco confortato fui,
io dissi: «Donne, dicerollo a voi.
Mentre io pensava la mia frale vita
e vedea 'l suo durar com'è leggiero,
piansemi Amor nel core, ove dimora;
per che l'anima mia fu sì smarrita,
che sospirando dicea nel pensero:
_ Ben converrà che la mia donna mora. _
Io presi tanto smarrimento allora,
ch'io chiusi gli occhi vilmente gravati;
e fuoron sì smagati
li spirti miei, che ciascun giva errando;
e poscia ymaginando
di conoscenza e di verità fora,
visi di donne m'apparver crucciati,
che mi dicean pur: _ Morra'ti, morra'ti! _
Poi vidi cose dubitose molte,
nel vano ymaginare ov'io entrai;
ed esser mi parea non so in qual loco
e veder donne andar per via disciolte,
qual lagrimando e qual traendo guai,
che di tristitia saettavan foco.
Poi mi parve vedere a poco a poco
turbar lo sole e apparir la stella,
e pianger elli ed ella;
cader gli augelli volando per l'âre,
e la terra tremare;
e omo apparve scolorito e fioco
dicendomi: _ Che fai? non sai novella?
mort' è la donna tua, ch'era sì bella. _
Levava gli occhi miei bagnati in pianti
e vedea, che parean pioggia di manna,
gli angeli che tornavan suso in cielo;
e una nuvoletta avean davanti,
dopo la qual gridavan tutti _Osanna!_,
e s'altro avesser detto, a voi dire'lo.
Allor diceva Amor: _ Più nol ti celo:
vieni a veder nostra donna che giace. _
Lo ymaginar fallace
mi condusse a veder madonna morta;
e quand'io l'avea scorta,
vedea che donne la covrian d'un velo;
e avea seco Umilità verace,
che parea che dicesse: _ Io sono in pace. _
Io divenia nel dolore sì umile
veggendo in lei tanta umiltà formata,
ch'io dicea: _ Morte, assai dolce ti tegno:
tu dêi omai esser cosa gentile,
poi che tu se' nella mia donna stata,
e dêi aver pietate e non disdegno.
Vedi che sì desideroso vegno
d'esser de' tuoi, ch'io te somiglio in fede.
Vieni, che 'l cor te chiede. _
Poi mi partia, consumato ogni duolo;
e quand'io era solo
dicea, guardando verso l'alto regno:
_ Beato, anima bella, chi te vede! _
Voi mi chiamaste allor, vostra merzede».

Questa canzone à due parti. Nella prima dico parlando a indiffinita persona come io fui levato d'una vana fantasia da certe donne, e come promisi loro di dirla; nella seconda dico come io dissi a·lloro. La seconda comincia quivi Mentr'io pensava. La prima parte si divide in due. Nella prima dico quello che certe donne, e che una sola, dissero e fecero per la mia fantasia quanto è dinanzi che io fossi tornato in verace conditione; nella seconda dico quello che queste donne mi dissero poi che io lasciai questo farneticare; e comincia questa parte quivi Era la voce mia. Poscia quando dico Mentr'io pensava la mia, dico come io dissi loro questa mia ymaginatione. E intorno a·cciò fo due parti. Nella prima dico per ordine questa ymaginatione; nella seconda, dicendo a che ora mi chiamaro, le ringratio chiusamente; e comincia quivi questa parte Voi mi chiamaste.